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Al "Centon"
Poesia dedicata al castagno secolare chiamato "Centon" in località Piasci

  Centun
uecc cum'e 'l cucù,
piegàa dai agn,
mett uia 'n mument i tö pensee de stracc
e cüuntum su uergutt de la tua primavera luntana,
quan che ta serat fort e cien de uita
e cui rais ta sügauat i but
de cüi por disgraziàa de cuntadin.
Cüntum sü de S. Bignin,
quand che 'l sa fermaua a la tua umbria
a sculà 'n ciapel de uin.
Car ul me scciatt,
go ciü la forsa gna de bef la camamela
fam cumpagnia sa ta ö,
ma lagum pusà.








Silvio Mufatti, 1981









Abbiamo provato a cercare, fra i pochi documenti accessibili, l’origine della ormai consueta tradizione di consumare pasti a base di gallina nel giorno di San Bello. Purtroppo nemmeno un accenno o un qualsiasi riferimento. Abbiamo allora indagato tra i ricordi dei più anziani e la risposta ci è giunta immediata: “mio nonno mi diceva…”. La festività di San Bello è molto sentita presso le locali comunità e gode di una calorosa partecipazione con afflusso di numerose persone dal bacino della media Valtellina, principalmente, ma è anche molto conosciuta a livello Provinciale. Ed è tra questi “ricordi dei ricordi” che abbiamo ritrovato una folta schiera di fedeli che, a piedi, salivano fino a Monastero, per onorare il Santo. Qualcuno portava seco un modesto ed improvvisato pasto da consumarsi all’aperto prima di riprendere a sera il viaggio di ritorno, dopo il suono dell’Ave Maria. Chi invece se lo poteva permettere, saliva di buon mattino la ripida mulattiera per andare alla ricerca del posto dove si stavano cuocendo le galline . Nei tempi più remoti alcuni contadini preparavano grossi pentoloni (pochi per la verità), che mettevano a bollire all’aperto entro i quali sarebbero state, poco più avanti, adeguatamente collocate le galline ruspanti allevate nel paese ed offerte contro adeguato compenso. Le galline bollite venivano esitate tutte allo stesso “prezzo” scatenando gli intervenuti in una impavida gara a chi riuscisse di pescare la più bella . Armati di lunghi forchettoni e disposti intorno ai pentoloni si cimentavano così in questa singolare tenzone; il pasto poi veniva consumato all’aperto in allegria. Si all’aperto, nonostante fosse il 12 di febbraio e la stagione non è la più calda. Però, in questo paesino risplende un sole che è un incanto, dal mattino alla sera, anche al 12 di febbraio. Se poi consideriamo che la gallina veniva accompagnata dal corposo e delizioso vino prodotto direttamente nella sottostante zona di Maroggia, non c’è freddo che tenga. Dalle consumazioni all'aperto al ritrovarsi a pasteggiare nei ristoranti locali, è storia recente, come è storia recente l'impianto di una tensostruttura riscaldata, dove però si continua a cuocere la gallina e a servire buon vino, prodotto negli stessi vigneti di un tempo e con le stesse tecniche, tramandate con l'esempio e con gli insegnamenti degli anziani. Vale la pena di assaggiare il risotto cucinato in tre modi differenti, di gustare le galline lesse, il pollo arrosto e altri prodotti tipici locali.


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